Classe 1988, Lucio Miele ha studiato al conservatorio di Salerno e poi a Roma, Santa Cecilia. Usa le percussioni in abbinamento all’elettronica per creare uno spazio sonoro che chiede di essere «abitato» da chi ascolta. Il suo approccio è quello del musicista contemporaneo che inventa il proprio linguaggio, con il rigore che gli viene dai suoi studi unito all’apertura mentale che gli hanno dato le sue esperienze in ambito jazz. Dopo «Astrum», un album disponibile solo in digitale in cui suona insieme al collega di strumento Michele Ciccimarra, Miele propone ora  «Kalpa», disponibile anche in cd grazie ai buoni uffici dell’etichetta portoghese Creative Sources, da vent’anni attiva sul fronte dell’improvvisazione jazzistica e dell’elettronica. Sono sei episodi originali, in tre casi arricchiti da testi recitati da Simona Fredella che si muovono in una dimensione tra il mitico e il mistico, mentre ulteriore elettronica è stata aggiunta anche dal tecnico Anacleto Vitolo. «Kalpa», detto anche «un giorno di Brahma», è un termine sanscrito che indica un ciclo cosmico, un tempo lungo e circolare che si misura sul passo infinito dell’universo o della divinità; un tempo nel quale i corpi astrali passano attraverso fasi di espansione e di riassorbimento che prevedono anche distruzioni totali o parziali, dette «Pralaya». Come il penultimo brano del disco, sottotitolato anche «Sì dolce il tormento» con riferimento al magnifico madrigale di Monteverdi (caro allo specialista Marco Beasley ma anche a Paolo Fresu e Uri Caine) dove si parla di tormento d’amore e di uno stato di sospensione. La musica di Miele allude a forze più grandi, mettendo in scena una vibrante drammaturgia sonora.10 marzo 2021 | 11:39

di Fabrizio Versienti

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